Il libro del mese, di Francesco De Filippi: Mondo è stato di Michele Burgio

26 Marzo 2023

Marzo 2023, Librellula n° 17

 

Oh demone, rendimi l’anima anche senza redenzione – Michele Burgio tra squarci di verità e croci della responsabilità.

Come raccontare con pennellate sicure quella terra di mezzo che studiosi definiscono adolescenza? Una spiaggia in cui talvolta diventare grandi è un miraggio perché si è invischiati in un inferno dalle sembianze di sinuoso paradiso. Pelle che non ha più odore né il salmastro dell’innocenza. Tutto succhiato da un demone che esplode come un vulcano nella stranezza di un atteggiamento, un grido di dolore confortato da fagocitanti carezze. L’ascolto delle amare lacrime riassunte in una sola frase che racconta un’altra percezione del tuo stesso universo. Un grande contenitore buio che ruba persino la fragorosa risata perché pur di non vedere momentaneamente la realtà s’inizia a pensare che quella sia soltanto una stupida fantasia della testa, l’ennesimo volo pindarico dell’immaginazione. Non si pensa che il volto della perdizione sia anche di chi dovrebbe illuminare la scia della verità. Non si ha la vista per osservarla nell’intimo, essa annebbia il cammino per non essere scoperta, per errare nell’eterno vagabondare. Si arriva a pensare che anche il singolo sia uno sbaglio perché nella nuda carne rappresenta il rovesciamento dello schema di ciò che è considerato universalmente giusto secondo il codice morale vigente. Tutto è una continua e lenta agonia, scappare prima che scoppi la bomba ma in un attimo avere la consapevolezza che si è ormai all’interno di un turbine in cui si confondono inizio e fine. Da una scrittura incisiva emerge una prosa accattivante che annida l’attenzione del lettore in un paesino che non esiste ma che potrebbe essere ovunque. La primavera si sta preparando a dire arrivederci a quel microcosmo cristallizzato. Un’ignara palla di vetro che nel capovolgimento non ha fiocco di neve alcuno ma inaspettate macchie di sangue che gridano una vendetta inesorabile. Mentre il paesino dell’entroterra inizia a essere inghiottito dalla calura estiva si tratteggia uno squarcio di quotidianità che vede i televisori sintonizzati sull’ennesima conduttrice che trasmette storie da tv del dolore, oppure la cinque millesima puntata di una soap opera dall’intreccio volutamente ingarbugliato, mentre lo scirocco canta la sua canzone di Eros e Thanatos, note tangibili di un frutto proibito. La ciclicità di polvere e noia è bruscamente interrotta dalla sparizione di un giovane. Questo è un escamotage narrativo che l’autore utilizza per mettere i restanti personaggi allo specchio facendo intravedere le ombre di loro stessi a confronto quasi per la prima volta con le loro coscienze. Tutti perdono miseramente.

Michele Burgio

Nemmeno lo stesso Luca, il ragazzo scomparso si salva, perché non si parla di una vera assenza ma di un evanescente, ma allo stesso tempo concreta presenza. L’autore nella sua atipicità attua un dialogo tra vecchi e giovani ma entrambe le sfere generazionali restano a corto di parole, perché sanno che anche solo una di queste fuori posto si ritorcerebbe contro. Questo è un romanzo che si concentra sulle ripercussioni che parole e azioni possono avere sulle nostre esistenze. Pezzi di vetro che si trasformano in un altrettanto tagliente giudizio. Quest’ultimo è riscontrabile anche nella scelta della struttura. Il libro è costituito da nove capitoli, ciò richiama immediatamente i cerchi concentrici danteschi, anime sofferenti che tendono a coprire anche la vergogna per l’impurità degli atti commessi. C’è una giustificazione popolare “mondo è stato“ segno indelebile di ciò che è stato e sempre sarà ma che non alleggerisce comunque la colpa. Una legge non scritta che governa il clima del cielo, della terra e decide talvolta anche le fosse. La scrittura è impregnata dai temi pasoliniani e sciasciani. Un plauso per i dialoghi perché sanno essere introspettivi e squarcianti come lame ma anche frizzanti come gazzose. L’autore presenta ai lettori il fardello alcottiano in chiave moderna attraverso il lato oscuro della tecnologia. Giovani che giocano a fare i grandi e adulti che non controllano gli impulsi della fatale attrazione oltrepassando insieme ogni limite e vedendo da vicino il volto dell’oblio. Gesualdo, Rosario, Kevin e Luca sono un gruppo di giovani che in modo canzonatorio si tuffano alla scoperta di quel mondo che se non sai nuotare non ti fa riemergere. Tra partite alla playstation e tiri al pallone si cela lo sbandamento in cui non si riconosce più la differenza che intercorre tra divertimento e pericolo. Sergio è un giornalista appassionato che ama anche la buona cucina che indaga parallelamente al maresciallo Maira sulla scomparsa di Luca e di un crocefisso. C’è poi Roberto un ex promesso del calcio che allena i giovani del paese mentre tenta affannosamente di combattere i suoi demoni e Nannina, un’anziana devota che vive tra preghiere e pettegolezzi. Chi di loro avrà dato fastidio ai boss locali? La mafia è il vero mandante dei misfatti? Potrebbe essere questa volta la comoda coperta per insabbiare una verità ancora più insidiosa che la comunità non può conoscere. Non esistono guide onniscienti ma umani con virtù e debolezze che si ritrovano inaspettatamente inchiodati  alla croce delle responsabilità.

Francesco De Filippi

 

Francesco De Filippi, trentenne, siciliano, dottore in filologia moderna e italianistica, vivo a Casa Santa Erice (TP). Da sempre ho viaggiato con la fantasia. Libri e teatro in particolare mi hanno salvato la vita perché hanno dato un senso al mio passaggio terreno. Ho svolto una gavetta importante con due blog e da qualche anno ho deciso di aprirne uno mio, La casa delle storie, che mi regala emozioni e soddisfazioni quotidiani. Sono amante della buona cucina , della musica e delle serie tv. Per il mio futuro mi auguro che questa storia d’amore coi libri non finisca mai e ringrazio la mia famiglia d’origine e quella editoriale che rendono possibile tutto questo.

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