Marzo 2023, Librellula n° 17
Cecilia Di Lieto è romana di mamma piemontese e papà della Costiera Amalfitana. Collabora dagli anni Ottanta con Radio Popolare, l’emittente milanese che ha avuto tra i suoi conduttori giornalisti del calibro di Gad Lerner, la Gialappa’s, Gino e Michele, Massimo Cirri, Marco Ardemagni, Filippo Solibello. Dal settembre del 2014, cura e conduce, ogni giorno dal lunedì al venerdì, “Considera l’armadillo”, una trasmissione dedicata al rapporto “affascinante e complessissimo” tra noi e gli altri animali. Con l’ospite di turno si parla – come lei stessa dice – “di clima, ambiente, arte, etologia, associazionismo, filosofia, consumi, alimentazione, ricerca e tanto altro”. Da questa esperienza quasi decennale nasce il libro Me l’ha detto l’armadillo – Storie di passione tra noi e altri animali, edito dall’Altreconomia, un viaggio entusiasmante e poetico tra capodogli e aragoste, balene e patelle, cani, gatti, asini, cavalli, ricci, ecc… in compagnia delle storie di volontari e ricercatori, scienziati e veterinari che quotidianamente si battono per il rispetto e la dignità di tutti gli esseri viventi. “Volevo che, attraverso gli animali, si potesse parlare di ambiente, di riscaldamento globale, di comportamenti responsabili, di volontariato, di ricerca.” E, visto che secondo me questo è un libro straordinario, una summa delle tante meravigliose letture che ho fatto negli ultimi anni (da Lorenz a Safina, a Prum, Pievani, Quammen, a Foer di Perché mangiamo gli animali?, ecc…), sono felicissimo di condividere con i lettori della Librellula questa chiacchierata con l’Autrice.
Buongiorno Cecilia, comincerei dalla prima osservazione che mi viene quasi d’istinto dopo aver terminato la lettura di Me l’ha detto l’armadillo: il tuo è un libro che parla di animali, di quanto sia sorprendente, meravigliosa e vulnerabile la natura, ecc…, ma lo fai attraverso il racconto delle esperienze di persone speciali. È così?
Si, proprio così, del resto quello che ho cercato di fare è ricordare a tutti noi “umani” che anche noi siamo animali e solo se torniamo a esserne consapevoli anche il nostro sguardo sulle cose può cambiare, essere più attento, più disponibile verso l’altro, anche se molto diverso da noi. Mi piaceva parlare degli “altri” animali con lo sguardo e l’esperienza di chi a vario titolo di loro si occupa, mi sembrava un modo più coinvolgente, più caldo e io alle emozioni ci tengo.
Ci si può invaghire di una patella e passare una vita di studio per un dattero di mare o una cozza di fiume?
Incredibile vero? Eppure è quello che è successo alle ricercatrici che ho incontrato e il loro “innamoramento” è stato così contagioso che mentre le riascoltavo e scrivevo del loro lavoro mi appassionavo a mia volta e della straordinaria vita della patella sarei quasi pronta a scrivere una monografia. In verità conoscere queste storie è come acquistare un altro tassello per la comprensione della complessità non solo della singola forma di vita, ma anche del principio che in realtà siamo tutti collegati.
A proposito di datteri di mare, mi sono ricordato che nei primi anni Ottanta vivevo a Bari e con due lire ne facevo scorpacciate senza sapere assolutamente quali fossero i danni irreversibili alle rocce e ai fondali derivanti dalla loro pesca. Al di là delle leggi in materia, quant’è importante l’informazione per la tutela dell’ambiente? Libri come il tuo, radio, televisione, Social riescono ad incidere sulla consapevolezza dei cittadini ad assumere comportamenti responsabili?
Io lo spero, ma un poco ci credo proprio. La sensibilità e l’attenzione nei confronti degli animali è sicuramente cresciuta e non solo perché sono circa 60 i milioni di cani e gatti con cui gli italiani convivono, ma l’attenzione all’ambiente, al fatto che gli altri animali siano esseri senzienti, che provano dolore, gioia, che hanno relazioni anche complesse, la consapevolezza che la plastica è quasi indistruttibile e che anche i nostri singoli comportamenti contano sono abbastanza diffusi. Certo il lavoro è lungo e non siamo che all’inizio, ma credo che il ruolo dei Media sia importantissimo e di enorme responsabilità. Io ho molta fiducia nei giovani e specialmente nei bambini che mi pare stiano crescendo molto più attenti a quel che li circonda e non dobbiamo perdere di vista quello che recita l’articolo 9 della Costituzione che proprio un anno fa veniva rinnovato con l’importantissima aggiunta “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”
Tu racconti storie struggenti come quelle dei “rottami sardi”. Queste storie sui Social suscitano giustamente valanghe di amore e di solidarietà. Perché non proviamo analoga sensibilità per la sofferenza terribile cui sottoponiamo i cosiddetti “animali da reddito”? Maiali, vitelli, polli e agnelli non meritano alcuna pietà?
Al contrario. Io credo che la crudeltà che esercitiamo sulla vita di miliardi di animali non sia quasi raccontabile e il tutto nasce dalla visione totalmente antropocentrica che abbiamo. Praticamente le cose intorno a noi esistono solo in funzione della lora utilità per noi. Così abbiamo iniziato a classificare gli animali a seconda dell’utilizzo per noi più comodo o funzionale, da lavoro, da ricerca, da pelliccia, da compagnia, da caccia, da sperimentazione, eccetera eccetera. Quando poi arriviamo agli animali che abbiamo deciso di mangiare la cosa diventa particolarmente spinosa, perché parliamo di consuetudini difficili da scardinare eppure il nostro era un paese povero dove la carne, se andava bene, si mangiava una volta alla settimana o alle grandi ricorrenze è solo dopo la grande fame della seconda guerra mondiale con la ricostruzione e il boom degli anni ’60 che la nostra dieta è cambiata mostruosamente. Le condizioni a cui costringiamo polli, maiali, vacche, conigli, tacchini e gli altri sono veramente orribili e fino a poco tempo fa abbiamo fatto finta di non saperlo. Ora anche grazie ad associazioni e media non si può più ignorare quanta crudeltà siamo stati in grado di esercitare su esseri viventi ridotti a oggetti e ingranaggi di una macchina da produzione industriale. Del resto la riduzione in schiavitù dovremmo conoscerla bene visto che l’abbiamo subita e purtoppo da molte parti la subiamo anche noi e poi se uno li guarda negli occhi poi è difficile metterli in padella.
Nella nostra immensa ignoranza, Natura e Tecnologia, ma anche Natura e Turismo, sembrano binomi inconciliabili e invece non è così…
Si tratta di provare a stravolgere completamente il nostro punto di vista. Smettere il nostro sguardo “rapace” sul pianeta, ricordarci che comportamenti più etici possono portare a grandi risultati e che bisognerebbe guardare alle cose non più con il “tutto e subito” ma con una visione al futuro, appunto alle “future generazioni”. Bisogna insomma ricominciare anche a sognare che un altro modo è possibile (Lo diceva anche uno slogan, era mondo, di qualche anno fa)
In nove anni di trasmissione radiofonica (“Considera l’armadillo” in onda ogni giorno su Radio Popolare) tutte le persone straordinarie che intervisti – scienziati, ricercatori, veterinari, volontari, biologi, documentaristi – sembrano dirci tutti la stessa cosa e cioè che l’incontro con gli animali ci cambia la vita, ci rende diversi…
E’ proprio quello che mi hanno trasmesso loro. Il sottotitolo del libro parla proprio di passione e per me questa è stata la chiave di lettura più veritiera e poi gli animali ci accompagnano tutta la vita, sono nei giochi dei bambini, nella religione, nel linguaggio, nei simboli; come si può prescindere da loro?
Le storie del tuo libro hanno tutte un che di poetico e, in alcuni casi, di drammatico. In particolare, mi dici cosa significa, in tempi di guerra e di migranti, salvare gatti ad Aleppo, animali a Kiev o a Gaza o proteggere uccelli in migrazione a Lampedusa? Perché vale la pena di raccontarle? E perché dobbiamo essere grati a queste persone?

Cecilia Di Lieto
Perchè sono quelle e quelli che anche nell’atrocità delle guerre più feroci cercano di mantenere un filo di “umanità”, perché sono quelle e quelli che si occupano dei più ultimi degli ultimi, quelli veramente innocenti come i bambini e infatti tutti loro non si tirano mai indietro se si può aiutare. Chi salva una vita salva il mondo intero e forse troppo spesso lo dimentichiamo.
Tu scrivi “gli animali lasciati liberi sono messaggeri di pace, di bellezza e di gioia”. Si avvicina la Pasqua, vogliamo darlo un messaggio ai nostri lettori?
Che responsabità enorme… Pasqua, che si sia credenti o no, è festa di vita, di rinascita, di primavera, la natura esce dal buio dell’inverno, le rondini ritornano, gli animali iniziano i corteggiamenti e gli accoppiamenti, l’erba è verde brillante e i fiori punteggiano i panorami (anche le aiuole delle città). Ecco, in una festa della vita mi piacerebbe tanto che la barbara e anacronistica abitudine di uccidere e mangiare gli agnelli, cioè i piccolini (ma proprio piccoli) delle pecore smettesse. Ecco, mi piacerebbe si mangiassero solo agnelli di pasta di mandorle, di pasta frolla o di cioccolata. Insomma una vera festa della vita e almeno in quei giorni basta sangue innocente. Mi pare che in giro per il mondo se ne sparga già abbastanza e di tutti i tipi anche se il colore è quasi sempre lo stesso

Gigi Agnano, socio di IoCiSto, è l’ideatore della Librellula.