Intervista a Fuani Marino, di Bianca Miraglia del Giudice

22 Marzo 2023

Librellula n° 17, Marzo 2023

Il prossimo 4 aprile arriverà in libreria Vecchiaccia, il nuovo libro di Fuani Marino, edito da Einaudi, mentre ancora è nelle sale italiane il film documentario diretto da Francesco Patierno, tratto dal precedente libro della scrittrice Svegliami a mezzanotte, pubblicato sempre da Einaudi.

Il suo non è un nome esotico, i genitori scelsero di unire la prima sillaba dei loro nomi, Furio ed Anita, per comporre il nome della loro bambina. La sua storia è quella di una giovane donna che, a trentadue anni, sceglie di compiere un gesto estremo, salvandosi dalla morte. Laureata in psicologia, giornalista per ‘Il corriere del mezzogiorno’ e lettrice accanita, attraverso un’indagine lucida e spietata, Fuani Marino ripercorre la sua vita; i rapporti con la famiglia d’origine e con quella, incombente ed estremamente formale, del marito notaio, figlio di notaio; la nascita di sua figlia Greta; ma, soprattutto, racconta il suo malessere psichico e la sua disperata solitudine interiore, utilizzando anche, come strumento di comprensione, la letteratura ed il linguaggio. Ho letto, con attenta partecipazione, sia il suo primo romanzo Il panorama alle spalle, edito da Scatole Parlanti, sia Svegliami a mezzanotte: libri sinceri, profondamente autentici, sapientemente analitici, che fanno male e non lasciano indifferente chi li legge. Con generosa ed immediata disponibilità, ha accettato di essere intervistata.

Il 4 aprile arriverà in libreria  “Vecchiaccia”, nel quale parli di lockdown, della morte da fuggire e di quella desiderata, di disperazione e di speranza. Cosa rappresenta per te questo libro?

Per certi aspetti rappresenta una sorta di prosieguo rispetto a “Svegliami a mezzanotte” e ne approfondisce alcuni temi.

Hai tentato il suicidio a 32 anni, gettandoti dal quarto piano, quando tua figlia aveva quattro mesi. Si è tentato di nascondere la verità, ma tu hai scelto di raccontare quanto avvenuto, con molto coraggio. Scandalizza ancora la malattia mentale?

Scandalizza eccome. Del resto fino a cinquant’anni fa una persona col mio vissuto non sarebbe qui a rilasciare interviste ma in manicomio, verosimilmente. Si fa sempre riferimento al mio coraggio, a dimostrazione del fatto che ammettere di avere un disturbo psichico continua a rappresentare un rischio.

Raccontare la tua sofferenza è stato anche un atto politico, dopo secoli di silenzio e vergogna: che impatto ha avuto, nella tua vita familiare e relazionale?

Paradossalmente ha avuto un impatto maggiore in alcuni rapporti familiari che non nelle relazioni di amicizia. Forse perché i rapporti di parentela sono più forti, ma in generale mi sembra che a essere inaccettabile non sia tanto (o non sia solo) il disagio psichico con le sue conseguenze – il tentato suicidio, appunto – quanto l’averlo voluto raccontare.

“Il Panorama alle spalle” e “Svegliami a mezzanotte” hanno tantissime analogie: il primo un preludio al secondo, decisamente esplicito e raccontato in prima persona? 

In effetti si può considerare così. Il panorama alle spalle è quasi un libro fantasma, che nessuno ricorda mai, ma gli sono legata e dentro c’è anche il ritratto di una Napoli inedita.

Riveli che tua madre ti leggeva “Morte a credito” di Celine, come favola per farti addormentare, e, sempre da bambina, hai affrontato da sola la lettura di “Infelicità senza desideri”, di Peter Handke. Cela anche questo l’ultima frase della lettera a tua figlia ‘Ogni persona ha la sua storia’?

Mi spaventa il potere dell’emulazione, o comunque volevo metterla in salvo con l’unica arma a mia disposizione: le parole. È vero che mia madre mi leggeva dei brani di Céline ma non lo faceva per addormentarmi, in realtà. Anche in una auto fiction è possibile trovare diverse parti romanzate.

Tu scrivi: ‘Il primo psichiatra non si scorda mai, soprattutto quando ti rovina’. La svalutazione del tuo disagio psichico e il negarti il ricovero che chiedevi ripetutamente, obbedivano all’esigenza di non apporti uno stigma. Un’evoluzione, nella scienza e nel sociale, si è registrata rispetto a dieci anni fa?

Non posso dire se siano stati fatti dei progressi, che in generale hanno bisogno di molto tempo per manifestarsi. Io sono senz’altro più consapevole, credo che mi comporterei diversamente.

Scrivere è stata, anche per te, una catarsi ?

Sin da ragazza, quando tenevo un diario, la scrittura ha sempre rappresentato uno strumento di comprensione delle cose che avvenivano dentro e fuori di me. In questo senso non è molto diverso coi libri che scrivo.

 

Bianca Miraglia del Giudice
(Organizza e cura Conversazioni Letterarie a Napoli)

Vecchiaccia – La sinossi
«Non saprei dire esattamente quando ho cominciato a detestare i vecchi. Ricordo solo quando ne sono diventata consapevole». Inizia così un libro la cui lettura assomiglia a un viaggio sulle montagne russe: attraverso pagine di sincerità quasi insostenibile, ironiche e spiazzanti, Fuani Marino affronta le tenebre dei suoi rimossi. E se la vecchiaccia che davvero odia fosse lei stessa? Come un canarino nella miniera, Fuani Marino sente prima di tutti l’atmosfera tossica in cui siamo immersi ogni giorno, fatta di crescente disagio psichico, fatica, ansia diffusa. Vecchiaccia è un dispaccio dal fronte della fragilità. Quella di tutti. Tutto è cominciato con un tweet. Aprile 2020, l’Italia è nel pieno del lockdown imposto per arginare la pandemia di Covid. E Fuani Marino pubblica un tweet in cui si chiede a cosa siamo disposti a rinunciare per difendere le fasce più anziane della popolazione. Apriti cielo: migliaia di repliche indignate, richieste di cancellazione, politici e giornali che lo riprendono additandola a esempio di egoismo e follia radical chic. L’episodio, le reazioni e le conseguenze mettono in moto in Fuani Marino una serie di riflessioni che si trasformeranno in un viaggio interiore nel proprio passato, nella psiche e tra i suoi fantasmi; ma anche esteriore, nella società, quella italiana in particolare, e nell’ambigua centralità che riserva agli anziani, da una parte celebrati, dall’altra marginalizzati, da una parte ancora padri-padroni (alcuni) la cui sola presenza blocca il cambiamento, dall’altra risorse da sfruttare e dimenticare (molti). Quello che all’inizio sembrava uno sfogo contro i «vecchiacci», diventa una dolorosa presa di coscienza da parte dell’autrice: da cosa nasce questo passo falso? Da quali traumi, da quali episodi del suo passato origina quel fastidio? E cosa nasconde, qual è la paura a cui non riesce a dare un nome? E se la vecchiaccia che davvero odia fosse lei stessa? Ancora una volta Fuani Marino parte da sé, dalla sua esperienza, dal suo corpo, per raccontare questi tempi assurdi. E, come già in Svegliami a mezzanotte, ce li restituisce attraverso pagine in cui l’ironia e il dolore, la spietata autoindagine e gli inciampi, la sincerità e l’invenzione mettono in discussione tutte le nostre certezze.
Iscriviti alla nostra Newsletter per ricevere la Librellula e restare aggiornato sulle ultime novità, le iniziative e gli incontri di IoCiSto.