Febbraio 2023, Librellula n° 16
Sara Cavarero, torinese, si dedica da anni alla traduzione letteraria dallo spagnolo, dal catalano e dal portoghese, collaborando con numerose case editrici italiane e con alcune testate giornalistiche. Fra gli autori tradotti, Sara Mesa, Inés Garland, Mario Levrero, Marta Rojals, Care Santos, Martín Caparrós e Agus Morales, Dolores Reyes. L’ha intervistata per la Librellula Francesco De Filippi.
Ciao Sara, è un piacere ospitarti su La Librellula. Puoi dire ai nostri lettori chi sei e quando hai deciso di diventare una traduttrice?
Ciao e grazie mille, il piacere di essere ospitata è mio. Dunque… chi sono. Domanda non da poco. Sono tante cose e, tra queste, sono anche una traduttrice. Lavoro in campo editoriale da parecchi anni e, come mi è capitato di spiegare in altre occasioni, per me questo lavoro è stato un modo per conciliare le mie radici che, da sempre, stanno metà in Italia e metà in Spagna (nasco da madre spagnola). Quando ho capito che questo mestiere mi avrebbe permesso di placare un po’ il perenne senso di nostalgia, mi sono lanciata… ovviamente nel vuoto! Ed eccomi qui.
Ti ho conosciuta attraverso la magnifica storia de La maledizione della famiglia Flores di Angelica Flores, ma non è la prima volta che ti addentri nel mondo della… sartoria. Cosa significa per te questo settore?
Hai ragione, e sono coincidenze interessanti. Il mondo sartoriale è, in un certo senso, il mondo in cui sono cresciuta. Mia madre faceva la sarta, prima a Barcellona e poi qui in Italia, e ho sempre vissuto tra stoffe, aghi e fili. E il ricamo, quello di cui si parla nel libro di Angélica Lopes, è una mia passione che purtroppo a volte, per mancanza di tempo, non posso coltivare. Ma amo la creatività in tutte le sue forme e avere avuto occasioni di tradurre storie in cui si parla di cucito, in tutte le sue declinazioni, mi ha fatto sentire “a casa”.
Questo per Angelica Lopes è un esordio nella cosiddetta letteratura per adulti. Dalla lettura del romanzo sembrano essere sue caratteristiche uno stile scorrevole e una particolare attenzione alla descrizione dell’animo femminile. Com’è la sua scrittura? Rispetto al testo originale ci sono stati dei tagli?
La scrittura dell’autrice si adatta molto bene a entrambe le epoche in cui inserisce la narrazione: nel passato le terminologie e le atmosfere sono in un certo modo, nel presente, invece, il registro cambia e si adatta a un linguaggio più attuale. In entrambi i momenti, però, credo che non manchino mai la fluidità e un modo anche poetico di raccontare le sue protagoniste. Ed è fatto in maniera puntuale, senza sbrodolature, con attenzione ai riferimenti naturalistici e cura del contesto. Insomma, una scrittura che è un piacere leggere e tradurre; e no, rispetto all’originale non ci sono stati tagli narrativi ma solo i normali interventi che possono esserci in una traduzione.
Il romanzo è un’avvincente saga familiare ambientata nel 1918, in cui un gruppo di donne deve fronteggiare non solo uno Stato brasiliano in piena dittatura, ma anche la lama tagliente della vox populi che le considera incapaci di sopravvivere senza un uomo. Attraverso il cucito riescono non solo a sopravvivere, ma anche a raccontare la triste storia di un‘emancipazione femminile tardiva. I due piani temporali e le continue notizie d’attualità ci dicono che tanto è stato fatto, ma molto di più c’è ancora da fare. Come ti sei rapportata a questi temi e cos’hai provato nel riscontrare la forte empatia della scrittrice nei confronti delle protagoniste?
Posso dirti sinceramente che il modo in cui l’autrice ha affrontato queste tematiche creando un interessante legame tra il passato e il presente è uno degli aspetti che più mi ha affascinato del romanzo. All’inizio pensavo a una lettura amena, ma a mano a mano che mi addentravo nei meandri della storia, mi accorgevo di quanto ci fosse in realtà di attuale, di quanti elementi in più si potessero scovare in questo libro. Di certo sono tematiche che personalmente mi interessano molto e che sono felice possano essere veicolate da un romanzo come quello della Lopes che, spero, avvicinerà molte persone a certe realtà così presenti. L’empatia dell’autrice verso le sue protagoniste è talmente forte che dimentichi in fretta che sta scrivendo una storia e ti senti subito catapultata all’interno della stess
Tutti i personaggi di questa storia sono unici e personalmente ti dico che Eugenia e Ines resteranno nel mio cuore. Qual è il tuo preferito e perché?
In realtà ho amato tutte le donne del libro. In ognuna di loro, in modi diversi, ho trovato una tenacia e una forza – seppur declinate in modo diverso – da cui non si può non prendere spunto. Persino Zia Firmina mi è entrata nel cuore. Forse però, una delle mie “preferite” è Cândida, e lo è per il suo acume, per come la sua disabilità è stata descritta dall’autrice come una caratteristica che in qualche modo va ad aggiungere e non a togliere. Cândida non vede, ma ha l’immaginazione più fervida di tutte, ha un udito speciale, e sa vedere oltre… sa sentire davvero.
Il fatto che comunichino attraverso i ricami l’ho trovato un espediente fantastico e tu? Questo è un romanzo particolare che fa dialogare due epoche diverse mediante il velo della memoria: tu che rapporto hai coi ricordi? C’è un oggetto familiare che vi tramandate o cui sei particolarmente legata?
L’idea del ricamo è molto bella, sì; è un modo per far capire quanto ci si possa ingegnare nel momento del bisogno, a quante risorse possiamo attingere. E certo, il grande tema è anche quello della memoria, con cui personalmente ho un forte legame. Ho una grande memoria famigliare, direi una passione per quella che è la storia di cui faccio parte e quella che mi è stata raccontata, perché credo sia il filo – tanto per restare in ambito sartoriale – con cui cucire le parti di noi che a volte si scuciono, il filo che ci permette di capire come mai siamo quello che siamo e come mai chi è arrivato prima di noi è così come lo vediamo. Non ho un oggetto famigliare che ci tramandiamo da generazioni, ma diciamo che ho “ereditato” un piccolo oggetto da una persona che amavo molto, mio zio, e che tengo sempre sul mio comodino. Per ricordare e per non dimenticare mai.
Quali sono i libri sul tuo comodino che ci consigli di leggere oltre a La maledizione della famiglia Flores?
Uno dei libri a cui tengo di più, e che è uscito non molti mesi fa, è Ñamerica, di Martín Caparrós, un autore che traduco da anni e che ormai è un amico a cui va tutta la mia stima. Un librone – più di 700 pagine, che però “non si sentono” –, una sorta di saggio narrativo in cui l’autore ci guida con il suo stile unico nelle zone dell’America Latina in cui si parla spagnolo. Per me è un libro di quelli “essenziali”, di quelli che chiunque dovrebbe leggere per poter guardare al mondo con uno sguardo vigile e consapevole.
Un altro libro che ho sul comodino (o meglio, nel cassetto aperto) è Dona Flor e i suoi due mariti. Lo tengo lì un po’ come un amuleto perché ho amato molto lo scrittore Jorge Amado e, in parte, è stata anche questa passione a spingermi verso il mio lavoro.
Concludiamo con la domanda di rito. Cosa stai traducendo e quale sarà la tua prossima traduzione?
Ho appena concluso la traduzione di una bella raccolta di racconti di una scrittrice messicana, un esordio direi da brividi e forse una delle sfide più grandi che abbia affrontato da quando ho iniziato questo lavoro. Prometto di parlartene appena uscirà in libreria!
Quanto alla prossima traduzione, ora come ora mi sto occupando di un lavoro di saggistica e ho qualche altra cosetta in cantiere. Insomma, speriamo sempre di avere tante traduzioni a cui lavorare, tanti libri “belli” da poter portate ai lettori italiani.
Ringrazio Sara per la cordialità e disponibilità e vi lascio consigliandovi ancora una volta La maledizione della famiglia Flores di Angelica Lopes, pubblicato da Mondadori.
Francesco De Filippi
Francesco De Filippi, trentenne, siciliano, dottore in filologia moderna e italianistica, vivo a Casa Santa Erice (TP). Da sempre ho viaggiato con la fantasia. Libri e teatro in particolare mi hanno salvato la vita perché hanno dato un senso al mio passaggio terreno. Ho svolto una gavetta importante con due blog e da qualche anno ho deciso di aprirne uno mio, La casa delle storie, che mi regala emozioni e soddisfazioni quotidiani. Sono amante della buona cucina , della musica e delle serie tv. Per il mio futuro mi auguro che questa storia d’amore coi libri non finisca mai e ringrazio la mia famiglia d’origine e quella editoriale che rendono possibile tutto questo.