Intervista ad Amélie Nothomb, di Doria Sannino

26 Marzo 2023

Librellula n° 17, Marzo 2023

Trovandosi a Napoli per presentare Il Libro delle sorelle, il suo ultimo lavoro, edito da Feltrinelli, intervisto Amélie Nothomb alla libreria IoCiSto.

D.: – Amélie Nothomb, parliamo del Libro delle sorelle: ho molto apprezzato che lo abbia intitolato “libro delle sorelle”, non “romanzo” perché nel libro c’è qualcosa di sacro. Penso al Libro della Torah, alla Bibbia…

N.: – Proprio così

D.: – Lo definirei libro dell’amore e della scrittura. Dell’amore lei ha già detto nel corso dell’intervista rilasciata a Il Mattino e non le chiederò di ripetersi. Parliamo invece della scrittura. Della lettera che Tristane, la protagonista, scrive alla sorella minore, da lei definita “epistola”, dice che è “come una scultura senza ambizione di risplendere che l’artista fa diventare un’opera d’arte per un solo destinatario”. Penso al lettore e al ruolo della scrittura che in questo caso diventa un dono e stabilisce un legame molto stretto con l’autore. Un transfert?

N.: – Esatto. Quella tra la persona che scrive e il lettore è una relazione amorosa. Non sempre funziona, come in tutte le storie d’amore ma ogni tanto si compie il miracolo. Ed è un miracolo nei due sensi perché sarebbe facile pensare che sia solo io a donare. Non funziona così. Ricevo quanto do. Per esempio, quello che ricevo qui, ciò che sento che mi state dando e, in particolare, ciò che lei mi sta dando, è un dono considerevole. Questo fa una creazione a due. Tutto ciò che creo attraverso un libro voi lo ricreate di rimando ed è questo che ne fa un’opera.

D.: – Perché un romanzo senza lettore resterebbe muto

N.: – Giusto. Se il romanzo non è letto, non funziona. Ѐ attivato dalla lettura. Lei ha ricordato l’epistola. Si dà il caso che io scriva una quantità di lettere e ciò che fa di me la scrittrice che sono è che prima di scrivere romanzi sono stata una scrittrice di lettere. I miei genitori, quando ero piccola, mi obbligavano a scrivere una lettera alla settimana al nonno che non conoscevo. Indirizzare parole ad uno sconosciuto era un’esperienza molto forte che ha creato qualcosa in me.

D.: – E cosa ha tratto da quest’esperienza che poi si ripercuote nei suoi libri?

N.: – Ѐ che le parole s’indirizzano a qualcuno: come destinarle?

D.: – Le parole giuste per il destinatario giusto?

N.: – Sì. E quando le trovi, è l’apoteosi. L’ho interiorizzato al punto che anche adesso, quando vivo con qualcuno, scrivo lettere. Perché ciò che dici nelle lettere non puoi dirlo altrimenti.

D.: – Faccio riferimento a Primo Sangue, il romanzo che lei ha dedicato a suo padre, ed al valore catartico della scrittura perché lei ha dichiarato che scrivendo questo romanzo lo ha fatto rivivere per il tempo della scrittura. Parallelamente, ha potuto elaborare il suo lutto. Valore trascendente per la scrittura e liberatorio per lei?

N.: – Scrivere Primo sangue è stata un’esperienza non comune: mi è successo quello che accade a tutti, mio padre è morto. Ma io non ero preparata. Inoltre, a causa della pandemia, non ho potuto dirgli addio e neppure essere al suo funerale. Quello che ho scritto non è il libro su mio padre ma di mio padre: ho avuto bisogno di resuscitarlo per potergli dire addio. Come fare? Gli ho dato voce facendolo parlare in prima persona. Difficile e straordinario

D.: – Riferendomi ancora a Primo sangue e all’esperienza coraggiosa di suo padre che salvò centinaia di vite prese in ostaggio dai ribelli, in Congo, lei ha detto in un’intervista che oggi eroismo è una parola ucraina. Vuole spiegarci?

N.: – Certo, potevamo pensare che oggi l’eroismo non abbia più senso e poi, guardiamo l’Ucraina, un intero anno di eroismo, di coraggio incredibile e non solo per sé stessi ma per noi: se siamo ancora in pace è grazie agli Ucraini

D.: – Un’ultima domanda. Se volessi stabilire le costanti all’interno della sua opera, direi: l’amore, la famiglia, la letteratura, l’umorismo, il buffo…Ne aggiunge altre?

N.:- Ciò che lei dice è senz’altro vero ma penso che potremmo riassumere tutto in tragedia che le include tutte, umorismo compreso perché l’abbiamo talmente identificata con l’orrore che non ci rendiamo conto di quanto humour racchiuda. Quanto alla famiglia, tutte le tragedie sono familiari. Il semplice fatto di appartenere ad una famiglia è di per sé una tragedia.

Doria Sannino
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