La Cinquina del Premio MYSSTERY: Gianluca Spera

11 Maggio 2023

Maggio 2023

– Librellula Speciale MYSSTERY –

Gianluca Spera

Il Premio MyssterY per il Romanzo Giallo Edito è il concorso organizzato dall’Associazione IoCiSto nell’ambito del secondo Festival del Giallo Città di Napoli, che si terrà a Napoli, all’Istituto Grenoble, dal 25 al 28 maggio.

Al Concorso hanno partecipato tutti i “gialli” presentati alla libreria IoCiSto di Piazzetta Masullo da giugno 2022 ad aprile 2023.

Attraverso le segnalazioni di migliaia di lettori, si è pervenuti alla seguente Cinquina:

Francesco Di Domenico – Max Fontanarossa detective
Gianluca Spera – 1983
Giovanni Taranto – Requiem sull’ottava nota
Letizia Vicidomini – Dammi la vita
Giancarlo Vitagliano – Il mistero delle ragazze dai grandi occhi

I cinque libri saranno sottoposti alla valutazione di una giuria qualificata e segreta.

Il vincitore del Concorso verrà proclamato domenica 28 maggio alle 18  in una serata evento nell’ambito del Festival.

Maria Rosaria Lanza ha intervistato per la Librellula Gianluca Spera

La copertina di 1983 attira il mio sguardo ogni volta che entro in libreria, sarà il collegamento diretto che mi scatta con 1984 e il periodo storico che viviamo ma alla fine cedo, ai libri cedo sempre! E lo compro. Si parla di Emanuela Orlandi e il nodo allo stomaco è inevitabile, mi ricordo di questa ragazza e della sua scomparsa e la ricostruzione di Gianluca Spera è estremamente accurata e credibile e l’atmosfera della storia mi conferma l’assonanza con 1984 di Orwell, così quando il direttore della Librellula mi chiede di intervistare proprio Gianluca Spera, tra i 5 finalisti del Premio MyssterY 2023, che vedrà la proclamazione del vincitore durante la seconda edizione del Festival del Giallo napoletano, non posso che esserne felice. Ho molte domande e curiosità su questa spy story italiana e ne posso parlare direttamente con l’autore.

Ci diamo appuntamento in libreria, cappellino e occhiali scuri, Gianluca Spera sembra uno dei personaggi del suo romanzo…

Gianluca, questo è il tuo terzo romanzo. I primi due (Delitto di una notte di mezz’estate del 2016 e Il massacro di San Silvestro del 2018, entrambi pubblicati da Ad Est dell’Equatore) erano ambientati a Napoli, mentre con 1983 (Colonnese) ci spostiamo a Roma. Si tratta di gialli ispirati a fatti di cronaca reale anche in questo caso?

Si, i primi due libri si ispirano al delitto di Simonetta Cesaroni. In quella occasione sono stato un po’ meno aderente ai fatti reali, ho rivisitato la trama e i fatti realmente accaduti, quindi sono stato molto più libero nell’esposizione, nel senso che da qualche spunto di cronaca ho sviscerato una storia senza preoccuparmi troppo di stare nel perimetro di quanto accaduto. In 1983 invece mi sono attenuto molto di più alla storia, sintetizzando giocoforza la cronologia dei fatti, visto che parliamo di quarant’anni. Una sintesi che va da giugno, dal giorno della scomparsa di Emanuela, nel libro Beatrice, fino a Natale, con l’aggiunta di un’appendice che mi serviva a rimettere insieme i fili della storia.

E quando nasce l’idea di scrivere di Emanuela Orlandi?

È un pallino che ho sempre avuto, tant’è vero che anche nei libri precedenti già ne ho parlato. Anche perché alcuni dei personaggi che vengono da mie precedenti storie li ho trovati funzionali a questa; ritenevo che potessero essere inseriti senza determinare nessun tipo di frattura tra storie diverse e quindi li ho recuperati per creare una sorta di substrato, dei modelli letterari nell’ambito di una realtà più o meno oggettiva, più o meno verosimile.

Come hai gestito l’interazione tra l’invenzione narrativa e i fatti di cronaca e le testimonianze reali? Hai parlato anche con la famiglia Orlandi, la famiglia Orlandi ha letto il libro?

Io non ho parlato con la famiglia Orlandi, per la quale nutro un profondo rispetto, anche se immagino che sappiano di questo libro, anche perché è stato inserito nel blog che riguarda Emanuela Orlandi. Scrivendo su Google “Emanuela Orlandi blog” è una delle prime voci e lo si rintraccia tra i libri dedicati a questa storia.Per rispondere alla prima parte della domanda, io ho cercato di essere molto autonomo nello sviluppo della trama. Ho concentrato l’attenzione sul padre – che, peraltro, se non sbaglio, è l’unico della famiglia che è venuto a mancare nel 2005 – perché mi sembrava una figura capace di trasmettere un pathos, di toccare delle corde emozionali, in una storia in cui non si può restare freddi, asettici. E quindi lui mi sembrava un personaggio che più di altri potesse incarnare questa emozione, facendo da fulcro, anche dal punto di vista letterario, delle indagini svolte sia dall’agente segreto, sia da qualche altro personaggio che collabora alla ricerca della verità.

I nomi dei personaggi, in particolare dei politici, a volte sono reali, altre volte sono inventati. In quali casi hai sentito l’esigenza di creare dei nomi fittizi? Per esempio, il Papa tu non lo chiami con il suo nome reale.

Ho usato questo criterio: quando ho descritto episodi realmente accaduti, ho lasciato i nomi “noti” della vicenda, mentre nelle parti romanzate ho usato evidentemente dei nomi di fantasia, anche se i personaggi a cui mi sono ispirato sono realmente esistiti e, in certi casi, sono più o meno riconoscibili. Il mio scopo era proprio quello di mescolare fatti reali con fatti romanzati, per mantenere un’autonomia narrativa che mi consentisse di portare avanti la storia di Emanuela Orlandi con un buon margine di libertà, analizzando allo stesso tempo il contesto storico-politico in cui la vicenda si svolge.

Dal libro si evince chiaramente il tuo mestiere di giornalista e di avvocato appassionato dei fatti della politica, quanto ha influito la tua preparazione tecnica nella stesura del romanzo?

Innanzitutto, mi appassiona lo studio della storia italiana. Io parlo spesso di un Paese a sovranità limitata, perché in quel periodo l’Italia si trovava al centro di una lotta politica, o comunque di un confronto aspro. Siamo durante la guerra fredda con due blocchi contrapposti, quello occidentale e quello sovietico. A questo si aggiunge la presenza ingombrante del Vaticano all’interno del territorio nazionale. Tutto questo scatena una serie di intrighi che volevo far emergere dal libro. Pensa al caso Orlandi, ma ancheall’attentato al Papa. Ogni ipotesi, non importa quanto fondata o meno, viene rappresentata se è funzionale a diventare un’arma di pressione politica. Dire per esempio che l’attentato al Papa fosse stato orchestrato dai servizi bulgari con alle spalle il KGB, era un modo, per chi era apertamente antisovietico, di fare pressione su chi voleva tenere aperto un canale di dialogo col cosiddetto blocco comunista. Può essere stato lo stesso per Emanuela Orlandi? Forse sì, forse solo adombrare certe ipotesi poteva essere un motivo per giocare una partita di tipo diverso. Magari si trattava di informazioni che non sono risultate veritiere, ma in quel momentoerano utili a quello che era l’obiettivo di chi le ha fatte circolare.

C’è un passaggio, quando fai dialogare gli agenti della CIA con un potenziale futuro Presidente della Repubblica, che mi ha fatto pensare molto allo scenario politico italiano attuale. Esattamente quando si colloca temporalmente la scrittura del tuo romanzo?

Si parla del passato, molto spesso per parlare del presente e analizzare il futuro. È un libro che ha avuto una lunga gestazione. Quel dialogo è stato scritto in un periodo post Covid, rispetto al quale ho cercato di non far trapelare quelle che erano le mie emozioni. Però forse un lettore attento può notare un cambio diregistro.

E mi è piaciuto quando parli di Pasolini e il modo in cui accenni a Petrolio

Nel libro si avvertono varie mie passioni letterarie, per esempio Sciascia, si intuisce Ellroy. Pasolini è uno dei tanti misteri d’Italiae Petrolio sicuramente è un’opera che andrebbe ancora oggi analizzata e scandagliata perché, come dicono alcuni, può essere stato uno dei motivi che hanno portato alla prematura scomparsa di Pasolini, visto che quel libro conteneva delle verità scomode per l’epoca.

Io sono felicissima che il tuo libro sia arrivato nella cinquina del premio MyssterY e spero veramente di poter festeggiare con te la vittoria in occasione del Festival del giallo. Ma voglio chiudere con un’ultima domanda: ad inizio romanzo ci sono quattro citazioni molto belle, come le hai scelte?

Ognuna di queste citazioni è funzionale al messaggio che si ritroverà nel libro. Ce ne sono anche altre nel libro e, messe tutte insieme, ne rappresentano un po’ la scaletta. Ce ne sono sia di carattere squisitamente politico, come può essere quella di Graham Green (“Se un segreto deve rimanere tale, le cautele non sono mai troppe”), o più poetiche come quella di Vera Lynn (“Ci incontreremo ancora, non so dove, non so quando. Ma so che ci rincontreremo in un giorno di sole”), che poi è un sogno che fa il padre nel libro quando immagine di incontrare e di parlare con la figlia.

Avrei continuato ad oltranza a parlare di questo romanzo storico così avvincente ma il rischio era di rivelare troppo ai lettori di questa intervista che il libro non lo hanno ancora letto e che spero di aver incuriosito abbastanza da decidere di iniziarlo. Buona lettura e in bocca al lupo a Gianluca per il premio.

                    

Maria Rosaria Lanza

Gianluca Spera, avvocato e giornalista, ha pubblicato con Ad Est dell’Equatore i romanzi Delitto di una notte di mezz’estate (2016) e Il massacro di San Silvestro (2018). Ha vinto nel 2018 il Premio Emily Dickinson col racconto Un atto dovuto. Cura il blog Mr. Hopes Stories e scrive per Atlantico Quotidiano. Il suo ultimo lavoro è 1983, ispirato alla drammatica scomparsa di Emanuela Orlandi.

Maria Rosaria Lanza, socia e consigliera di IoCiSto.

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