Maggio 2023
– Librellula Speciale MYSSTERY –
Letizia Vicidomini
Il Premio MyssterY per il Romanzo Giallo Edito è il concorso organizzato dall’Associazione IoCiSto nell’ambito del secondo Festival del Giallo Città di Napoli, che si terrà a Napoli, all’Istituto Grenoble, dal 25 al 28 maggio.
Al Concorso hanno partecipato tutti i “gialli” presentati alla libreria IoCiSto di Piazzetta Masullo da giugno 2022 ad aprile 2023.
Attraverso le segnalazioni di migliaia di lettori, si è pervenuti alla seguente Cinquina:
Francesco Di Domenico – Max Fontanarossa detective
Gianluca Spera – 1983
Giovanni Taranto – Requiem sull’ottava nota
Letizia Vicidomini – Dammi la vita
Giancarlo Vitagliano – Il mistero delle ragazze dai grandi occhi
I cinque libri saranno sottoposti alla valutazione di una giuria qualificata e segreta.
Il vincitore del Concorso verrà proclamato domenica 28 maggio alle 18 in una serata evento nell’ambito del Festival.
Francesco De Filippi ha intervistato per la Librellula Letizia Vicidomini
Buongiorno Letizia, qui da Iocisto e alla Librellula sei di casa, ma di’ lo stesso ai nostri cari lettori chi sei e quando hai deciso di diventare una scrittrice
Francesco carissimo, chiacchierare con te è una gioia che si aggiunge a quella di trovarmi in un contesto ormai più che familiare. A chi non mi conosce posso dire di essere una comunicatrice che utilizza ogni mezzo disponibile: ho fatto radio, teatro, presentato spettacoli musicali, eventi e sfilate di moda, sino ad arrivare alla scrittura. Ognuno di questi canali mi è servito per veicolare emozioni e sentimenti, ma scrivere è certamente una sorta di porto d’arrivo, nel quale da oltre quindici anni mi sento completa.
Una delle caratteristiche principali del tuo personaggio Andrea Martino è la profonda empatia, aspetto che molti riconoscono in te. Ricordi la prima volta che il personaggio è venuto a bussare alla tua porta? Quanto effettivamente c’è di te e che rapporto hai con la morte e la perdita?
Andrea è stato sin da subito una sorta di mio alter ego, oltre che la proiezione di ciò che apprezzo nell’essere umano, in senso ampio. La sua prima apparizione è stata nel 2015, nel romanzo “Nero. Diario di una ballerina” (Homo Scrivens), una presenza marginale eppure essenziale per l’evoluzione della storia e per il suo messaggio più profondo. Da allora è tornato, ogni volta con un bagaglio diverso di saggezza e conforto, facendo parlare il mio cuore. Come Andrea penso che la morte sia una compagna di viaggio, da non ignorare mai, nelle scelte quotidiane grandi e piccole. L’ho affrontata già tante volte da vicino – ho perduto i miei genitori molto presto, e anche amici carissimi e figure importanti – ma non ho smarrito la gioia di proseguire il cammino portando quelle persone dentro di me. Non vorrei mai trovarmi faccia a faccia con la morte avendo sprecato il mio tempo.
L’ambizione e il male di vivere (Spesso il male di vivere ho incontrato di Montale) sono il focus centrale del tuo Dammi la vita. Ma secondo te possono convivere all’ interno dell’animo umano e come?
Hai colto un aspetto molto sottile della mia storia. Il male di vivere si esprime spesso proprio con l’ambizione sfrenata, che è il tentativo plateale di imporre se stessi all’attenzione degli altri. Antonio Piccirillo è giovane e vorrebbe mangiare la vita, come un lupo famelico, mentre Marlena è consapevole delle proprie qualità eppure sente mancarle qualcosa. È il fragore del sangue che scorre spinto dalla passione, per questo ambisce a corpi giovani. Sofia crede di aver diritto a uno status sociale più alto, è questo il suo male, quindi l’ambizione la spinge verso un matrimonio d’interesse. Oggigiorno ognuno cerca i propri “15 minuti di celebrità”, per dirla con Andy Warhol, per colmare quel vuoto che non sa spiegare neppure a se stesso.
In questo libro c’è una forte connotazione erotica che ben presto però si coniuga con la morte, come se si volesse sintetizzare la vita stessa. I personaggi di Marlena e Giuseppe sembrano schiavi di queste passioni come se solo attraverso l’appagamento rinascessero. Come ti sei trovata ad affrontare questo registro linguistico e tematico che mette a nudo il legame che intercorre tra le varie sfumature dell’ amore, dell’ossessione e della malattia?
Non mi pongo mai di fronte alle tematiche che affronto nella narrazione con l’idea precisa del registro linguistico che utilizzerò, ma è piuttosto il tema a modellare il testo. Nel romanzo precedente che trattava di adolescenza deviata e rapporti familiari difficili, ho fatto ricorso a frasi spezzate e parole dure, in Dammi la vita seguo la carnalità di personaggi come Marlena e Giuseppe che parlano attraverso i corpi e i loro umori. Però ci sono pagine che inneggiano all’amore di tutt’altra natura, alla poesia di sguardi e al conforto di una carezza.
Una delle frasi ricorrenti del libro è “I bambini non si toccano” (ho riscontrato un forte legame con Fiori sopra l’inferno della Tuti); un tuo tema frequente è la mancanza di dialogo… Quanto ti costa anche emotivamente scrivere e proporre ai lettori le pieghe più oscure della società, come in questo caso la vicenda della famiglia Maisto?
I bambini sono sacri, per me. Li racconto nelle mie storie e probabilmente anche la lettura di Ilaria ha lasciato ulteriori segni perché l’argomento mi è caro. Ho scritto di maternità difficili, adottive, di legami incestuosi e genitori violenti, di persone senza alcun freno alla propria crudeltà. Cerco di far passare il concetto della sacralità di corpi e anime pure, intoccate dalla vita, che non dovrebbero mai esserlo prima del tempo. Ho appena scritto un racconto sulla violenza assistita, che farà presto parte di un volume corale, e anche quelle righe trasudano tutto il dolore che provo ogni qualvolta sento di un piccolo fiore macchiato. In questo romanzo conosciamo una bimba di otto anni, Alba Maisto, attraverso le parole della tata Brunella che non crede nella sua morte naturale. Emotivamente sono sempre molto coinvolta nelle vicende che decido di raccontare: ognuna mi lascia un segno, come una piccola cicatrice, ed è quello che desidero accada anche ai lettori. Per non dimenticare mai.
Un‘altra tematica ricorrente è il pericolo informatico: Maya, la protagonista de La Ragazzina ragno si prostituisce online, Antonio in Dammi la vita è un hacker che capta segreti per ricattare le vittime. Utilizzi due giovani per parlare di un aspetto drammatico. Che feedback hai avuto dalla fascia di pubblico giovanile?
Nella lettura è sempre molto importante una certa immedesimazione, a maggior ragione quando si è giovani, così come è fondamentale per lo scrittore entrare nella pelle dei suoi personaggi. Maya e Antonio sono figli di questo tempo, imperfetti, arroganti e fragili, e hanno trovato nei loro coevi una risonanza. Ho presentato i romanzi in molte scuole con grande soddisfazione, perché i ragazzi si sono specchiati nelle pagine e hanno cominciato a riflettere, a farsi domande. Molto più che dopo una ramanzina dei genitori o dei docenti.
Come nasce l’idea di ambientare le vicende in un Conservatorio? Quanto conta la musica nella tua vita? Volendo scegliere una colonna sonora per il tuo romanzo, quale sarebbe?
La musica nella mia vita è sempre stato un elemento imprescindibile. Dai dischi di Renato Carosone ascoltati da mio padre ai successi radiofonici presenti nei programmi condotti come speaker, agli strumenti suonati dai componenti della famiglia. Ne ho parlato in altri romanzi, ma stavolta volevo che fosse protagonista, unitamente a un luogo che come una cassa armonica vibra di storia e amore: il Conservatorio di Napoli. La stessa scrittura ha seguito una sorta di partitura, suonando per me le vicende intrise di sentimenti forti. Quale colonna sonora sceglierei? Certamente “Passione”, uno straordinario classico di Libero Bovio che prediligo nell’interpretazione di Teresa De Sio con accompagnamento sinfonico.
L’amore per Napoli trasuda da ogni pagina: dalla musica alla cucina. i tuoi personaggi tracciano la loro geografia del cuore ma c’è un luogo cui sei più legata e perché? C’è un piatto della tradizione napoletana che ami mangiare o preparare per i tuoi cari e perché?
Napoli è la mia seconda casa e non smette un giorno di regalarmi emozioni. Il punto più carico di energia, che adoro ripercorrere ogni volta che posso, è Via Toledo. Colorata, esagerata e fracassona, ma bellissima. Il piatto che mi rappresenta, capace di farmi venire l’acquolina in bocca solo al pensiero lo conosci bene anche tu, perché te l’ho dedicato: la pasta e cavolfiore, cavallo di battaglia di mia madre diventato anche il mio.
Domanda sull’editing. Dammi la vita era già il titolo previsto? Sono stati svolti tagli o cambiamenti rispetto alla prima stesura?
Il lavoro di editing per la collana Giungla Gialla di Mursia avviene a contatto diretto con il curatore Fabrizio Carcano, che propone eventuali tagli o integrazioni al testo originale. Devo dire che sia per “Dammi la vita” che per “La ragazzina ragno” non ho avuto bisogno di interventi strutturali importanti, e i titoli sono rimasti quelli che avevo scelto io stessa. Per me è stato fondamentale, giacché ogni mio romanzo o scritto nasce proprio dal titolo.
Sei stata contattata per aprire il progetto editoriale della casa editrice Sette chiavi e da lì è nato Salvami. Cos’hai provato a scrivere un racconto e di cosa parla?
Non sono nuova, in verità, alla scrittura di racconti per antologie tematiche. L’ho sempre trovato un esercizio importante ai fini di migliorare la propria capacità narrativa: scrivere per sottrazione, calibrando persino le virgole, è davvero stimolante. È stata però la prima volta in cui mi sono cimentata in un racconto lungo, su richiesta del curatore Diego Di Dio, e ritengo sia venuto fuori un buon lavoro. Una storia claustrofobica, raccontata per dialoghi serrati, che si svolge tutta all’interno di una casa inondata dal sole. Un ragazzo che consegna surgelati ha un incidente nei viali di un parco signorile svuotato dal Ferragosto; lo soccorre una donna bellissima che vive segregata in una gabbia di lusso, e nello spazio di poche ore entrambi si regalano segreti. Sino all’arrivo di un terzo, inquietante, personaggio. Il resto dovrete scoprirlo voi.
Siamo una libreria quindi te lo chiediamo: che libro c’è sul tuo comodino che senti di consigliare ai nostri lettori?
I libri sul mio comodino si avvicendano e cambiano di continuo, ma uno c’è sempre, perché mi consola e arricchisce: è “L’amore ai tempi del colera”, dell’amatissimo Gabriel Garcia Marquez.
Siamo giunti alla fine e quindi arriva la domanda di rito. Progetti per il futuro? Andrea Martino è tornato a farti compagnia?
Sono reduce da un periodo di convalescenza per un paio di problemi di salute, distacco della retina e un polso rotto, che mi hanno limitata molto nelle azioni ma non nell’esercizio di creatività. Andrea è sempre con me e sarà alle prese con una storia di famiglia che riemerge dal passato ma anche con un caso di estrema violenza domestica. Ci vorrà tempo, ma so che gli amici lettori sapranno aspettare.
Ringrazio Letizia per la disponibilità e auguro una buona lettura a tutti i lettori della Librellula
Francesco De Filippi
LETIZIA VICIDOMINI è nata in provincia di Salerno e lavora a Napoli. E’ speaker radiofonica (RTL 102.5, Kiss Kiss, Radio Marte). Ha pubblicato per Homo Scrivens: La poltrona di seta rossa (2014), Nero. Diario di una ballerina (2015), Notte in bianco (2017), Lei era nessuno (2019), Il segreto di Lazzaro (Premio Giallo Garda, 2021). Con Mursia i due romanzi: La ragazzina ragno (Premio Garfagnana in Giallo, 2021) e Dammi la vita (2022). L’ultimo suo lavoro da poco in libreria è Salvami, edito da Sette Chiavi.
Francesco De Filippi, detto “Fraaancy”, trentenne, siciliano, dottore in filologia moderna e italianistica, vivo a Casa Santa Erice (TP). Da sempre ho viaggiato con la fantasia. Libri e teatro in particolare mi hanno salvato la vita perché hanno dato un senso al mio passaggio terreno. Ho svolto una gavetta importante con due blog e da qualche anno ho deciso di aprirne uno mio, La casa delle storie, che mi regala emozioni e soddisfazioni quotidiani. Sono amante della buona cucina , della musica e delle serie tv. Per il mio futuro mi auguro che questa storia d’amore coi libri non finisca mai e ringrazio la mia famiglia d’origine e quella editoriale che rendono possibile tutto questo.