L’addio di Pennac a Malaussène, di Doria Sannino

31 Maggio 2023

Giugno 2023, Librellula n° 18

Daniel Pennac chiude una saga emblematica di Doria Sannino

Dopo quasi 40anni di successo, Daniel Pennac liquida Monsieur Malaussène e la sua sgangherata tribù di Belleville perché ha molto da scrivere e poco tempo per farlo.

La serie, finora composta da sette romanzi, tutti pubblicati da Gallimard in Francia e da Feltrinelli in Italia, è iniziata con Il paradiso degli orchi, 1991 (Au bonheur des ogres, 1985) e si chiude con Terminus Malaussène, nelle librerie francesi dal 5 gennaio di quest’anno e in quelle italiane dal 28 marzo con il titolo Capolinea Malaussène.

Per 40anni la sgangherata tribù Malaussène ha appassionato lettori giovani e meno giovani, fatto divertire studenti e insegnanti con le sue avventure strampalate e i suoi antieroi dai nomi improponibili.

In 40anni il mondo è cambiato, la Francia è cambiata. Il partito comunista che esisteva al tempo de Il Paradiso degli orchi non c’è più e neppure il partito socialista. I Malaussène, invece, non sono cambiati. Sono rimasti la tribù cui ha dato origine la Signora Malaussène, la Mamma, che sempre incinta fino ai capelli, ha partorito sette figli da uomini diversi con i quali e dai quali fugge in preda alla passione o al disincanto. Ne Il Paradiso degli orchi è incinta di Verdun. Nel romanzo successivo, La fata Carabina, dopo aver partorito, lascia tutto e tutti per andarsene a Venezia con l’Ispettore Pastor. Ritorna da Venezia in Signor Malaussène, per la prima volta non incinta e fugge alla fine del romanzo con l’illusionista Barnabè. La signora Malaussène ha circa 45anni e ha partorito il primogenito Benjamin, nonché protagonista della serie, di professione capro espiatorio, quando ne aveva quattordici.

Benjamin ha circa 30anni, è un giovane colto, buono, ha un animo così puro e gentile che lo metterà sempre nei guai. È laureato in legge ma lavora in un grande magazzino e dalla fine del primo romanzo in poi è direttore editoriale presso le Edizioni del Taglione la casa editrice di libri di elevata qualità letteraria la cui titolare è Regina Zabo, prosivendola e protagonista dell’omonimo romanzo.

La tribù Malaussène è composta da almeno una decina tra fratellastri e sorellastre i cui nomi sono scelti e attribuiti da Jérémy, così come quelli dei tre nipoti Maracuja, Sigma e È Un Angelo che, secondo l’indicazione dell’ispirato inventore, dev’essere scritto con tutte le parole separate e le iniziali maiuscole. Non ultimo Julius, il cane che ha le crisi epilettiche e l’alito pestilenziale grazie al quale garantisce spostamenti molto veloci in taxi ai suoi padroni. Come dicevo, la tribù Malaussène non è cambiata in 40anni, è cresciuta. I figli hanno messo al mondo quei tre nipoti che ora sono i protagonisti di Capolinea Malaussène.

E non è cambiato Belleville! Certo, quello che era un quartiere essenzialmente operaio, oggi è piùttosto bobo, ma resta un quartiere multirazziale, il solo a Parigi che viva come una città, con attività commerciali molto differenziate. A Belleville si trova tutto. Pennac vi vive da sempre e dichiara che lo lascerà solo per andare al Père Lachaise, il cimitero, che, tra l’altro, è a Belleville! D’altronde, la tribù Malaussène è parte della sua vita. Quarant’anni fa sua moglie era Julie Malaussène e oggi è Mamma Malaussène che cucina il miglior gratin dauphinois del mondo. Molti suoi amici che vivono nel quartiere fanno parte della tribù. E allora, come farlo arrivare al capolinea il Signor Malaussène? D’un tratto Daniel Pennac riunisce passato e presente, fonde il sentimento della famiglia al desiderio di lbertà e, con agilità e furbizia letteraria raggiunge il culmine della narrazione romanzesca, districandosi tra i temi a lui cari quali la violenza, la menzogna, la giustizia e l’ingiustizia, le vittime. Temi talmente attuali da far pensare che il clan Malaussène non sia poi tutto frutto d’immaginazione.

Capolinea Malaussène ripropone tutte le costanti che caratterizzano la saga- le vecchie ricette funzionano sempre- a cominciare dall’affresco emblematico dei personaggi, con i loro nomi esilaranti, e che si muovono nel quartiere ormai caro anche al lettore il quale si lascia condurre dalla rue Lesage a quella della Folie-Regnault, passando per la rue Julien Lacroix. Perché è evidente che bisogna affidarsi alla fantasia e al ritmo dell’autore e lasciarsi portare dal romanzo seguendo il filo conduttore di una lingua vivace, variegata, agile e scoppiettante. In Capolinea Malaussène il talento narrativo è di tutto rispetto: Pennac manipola la lingua con maestria professionale intreccia argot, micro lingue, linguaggi settoriali e connotativi di un’epoca facendo diventare il libro un simbolo generazionale. Per questa ragione possiamo definire Daniel Pennac un romanziere “popolare” nell’accezone più nobile del termine perché si è dedicato con corpo mente e cuore a diffondere cultura, a farne apprezzare il valore con sensibilità e leggerezza regalando il piacere della lettura e l’amore per la conoscenza.

È lui il passeur di cui parla nella splendida lectio magistralis che ha tenuto nel marzo 2013 presso l’Università di Bologna, in occasione del conferimento della laurea honoris causa in pedagogia.

Quello del passeur è molto più di un ruolo. è un modo di essere, uno stato d‘animo, un comportamento. Professori, critici, librai, bibliotecari sono dei passeurs, degli intermediari che trasmettono cultura, suscitano curiosità, interesse, passano il meglio ai più.

Il libraio che introduce il giovane lettore all’arcano della classificazione e gli insegna a viaggiare tra i generi e le tematiche, tra gli autori e le epoche, facendo della sua libreria il loro universo.

Il professore universitario che non si limiti a formare dei chirurghi della letteratura ma che abbia voglia di risvegliare le coscienze e suscitare meraviglia.

I genitori che sappiano guardare oltre la contingenza di un diploma e incoraggino la curiosità dei propri figli.

La lettura è un piacere solitario, una compagnia che nessun’altra può sostituire perché instaura una connivenza tra il lettore e la storia, “piccolissime, segrete connivenze che dicono la paradossale felicità di vivere, nel momento stesso in cui illuminano la tragica assurdità della vita. Cosicché le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere. E nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa intimità

Sì, è proprio questa la paradossale missione del passeur di libri: offrire a ciascuno di noi il piacere segreto di poter diventare il guardiano del proprio tempio interiore.

Doria Sannino*

*francesista, traduttrice e socia di IoCiSto

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