Un angolo di Francia, di Doria Sannino: V13 di Emmanuel Carrère

26 Marzo 2023

Marzo 2023, Librellula n° 17

EMMANUEL CARRЀRE  – V13

 V13 è il titolo dell’ultimo libro di Emmanuel Carrère, uscito in Francia nel settembre 2022 e pubblicato in Italia da Adelphi il 14 marzo scorso, nella traduzione di Francesco Bergamasco.

V13 è la sigla in codice del processo per gli attentati terroristici di natura islamica sferrati il 13 novembre 2015 da un commando armato dell’autoproclamato Stato Islamico, ISIS, che li ha successivamente rivendicati.

Prima d’imboccare rue Bichat, la Seat del trio che aveva il compito di mitragliare all’esterno del Carillon et del Petit Cambodge si fermò al semaforo rosso. Uno dei terroristi, abbassato il finestrino, gridò al passante che attraversava: ”Lo Stato Islamico è venuto a sgozzarvi” e, ripartendo, aggiunse: “Non è uno scherzo”.

Infatti, non lo fu. Ѐ stato l’atto terroristico più cruento in territorio europeo, dopo quello del 2004 a Madrid. Gli attacchi furono concentrati nel I, X, XI arrondissement: 3 esplosioni nei pressi dello Stade de France, a Saint Denis; 6 sparatorie in diversi luoghi pubblici della capitale, la più sanguinosa nel teatro Bataclan.

Il processo, durato 9 mesi, da settembre 2021 a giugno 2022, ha visto al banco 14 accusati, 1800 parti civili, 350 avvocati ed è documentato in un dossier alto 53 metri.

Emmanuel Carrère lo ha seguito dal primo all’ultimo giorno proponendosi alla redazione del settimanale L’Obs, come ci dice nella postfazione Grégoire Leménager. Postfazione che consiglio vivamente al lettore di leggere prima di immergersi nelle pagine di V13, come prefazione.

Esperienza stressante, spesso inquietante; affascinante anche quando era noiosa. Una traversata, la definisce lo scrittore.

Perché E. Carrère ha scelto di passare quasi un anno della sua vita rinchiuso nella gigantesca aula di tribunale per analizzare ogni angolo, ogni attore di quanto accaduto quella sera, senza pensare né fare altro, senza che qualcuno glielo chiedesse e non essendo coinvolto negli attentati neanche indirettamente?

Il suo interesse per la giustizia lo conosciamo. Nel ’96 assiste a Bourg-en-Bresse al processo Romand, l’accusato, colpevole di crimini efferati che per diciassette anni aveva mentito a tutti inventandosi e vivendo una falsa identità. Carrère ne racconta il percorso dall’infanzia al crimine, cerca di penetrare nel meccanismo della menzogna, della dissociazione, della fascinazione per la follia e ne scrive L’avversario, una riflessione sulla difficoltà che ha l’individuo a difendere, manifestare, vivere la propria identità vera quando questa non è determinata che dalla facciata sociale. L’obiettivo di Carrère è comprender e fare in modo che il fatto diventi un discorso collettivo perché “per le vittime si prova pietà, ma è dei colpevoli che si cerca di capire la personalità”.

Pubblicato nel 2000, L’avversario segna una svolta della letteratura in direzione della non-fiction: la realtà è l’opera d’arte più autentica, la fonte di osservazione che offre tutta la gamma degli accadimenti a cui ispirarsi.

Anche le religioni sono un campo d’indagine interessante per l’autore, soprattutto le loro mutazioni patologiche: dove, quando comincia la follia suicida ed omicida? Ascoltare giorno dopo giorno esperienze di morte e di vita in quell’aula del tribunale smuoverà certamente qualcosa nella coscienza.

All’improvviso Salah Abdeslam si è alzato (Abdelslam è l’unico componente del commando sopravvissuto alla strage. Non si è fatto esplodere, è riuscito a fuggire in Belgio dove è stato catturato ed è presente al processo come imputato. Non risponde alle domande se non con il solito slogan sulla grandezza di Allah. Non si sa ancora se il meccanismo dell’esplosivo di cui era imbottito si sia inceppato o se abbia deciso di non attivarlo. Dichiarerà più tardi che è stata una scelta volontaria) e ha chiesto se la parola la darebbero anche a quelli su cui gettano bombe in Iraq e in Siria.

La sortita è stata considerata una provocazione. L’argomento, tuttavia, mi ha fatto pensare, scrive Carrère che, non essendo uno specialista, non pretende di rispondere alla domanda se la morte di mezzo milione di bambini irakeni causata dalle sanzioni americane “ siano valse la pena” ( “the price is worth it” è la frase pronunciata da Madelaine Albright nel corso di una memorabile intervista).

La verità e la giustizia non si possono servire mantenendo un punto di vista unilaterale. Il processo del 13 Novembre mette in scena un drammatico confronto tra individui e un progetto fanatico di religione e di civiltà. “Dal lato delle vittime siamo nel mondo post-storico. Le nostre vite, i nostri morti sono individuali, riguardano solo noi. Viviamo in una società vedova del collettivo e della storia”.

Carrère pensa alla mail inviata dal padre di due vittime del Bataclan all’avvocato di Abdeslam che lamentava la durezza delle sue condizioni detentive:

“ Avvocato

Anche mia figlia è sotto sorveglianza video 24 ore su 24 in ospedale da quella sera al Bataclan. Questo non la turba più di tanto, essendo in coma profondo.

Né turba mio figlio che riposa al cimitero.

Rispetto il suo lavoro e le sue convinzioni, ma ci sono dei limiti nei confronti delle persone che soffrono”

L’immigrazione è un altro tema su cui Carrère riflette e ci invita a riflettere.

Pe esempio in YOGA ( Adelphi 2021), lo scrittore ci offre una sorta di mea culpa nel capitolo “I Ragazzi” dedicato ai migranti stipati nel Pikpa di Leros, la costruzione mussoliniana trasformata in hotspot dove è stato invitato a tenere un corso di scrittura creativa. Ai suoi occhi Hamid, Atiq, Mohamed, Hassan, i ragazzi, non sono numeri, diventano persone, ciascuno con un passato e un progetto, simboli di una tragedia umana commovente e crudele, consapevoli che “la vita è una macchina per separare”. Il caso vuole che tre dei protagonisti degli attentati del 13 novembre abbiano soggiornato a Leros solo un anno prima che lo scrittore fosse incaricato del corso: Niente li distingueva dai ragazzi che ho conosciuto lì. Forse erano ugualmente coinvolgenti, i loro racconti, altrettanto convincenti. E la domanda che si pone è: Non avrei scritto su Osama Krayem le stesse pagine piene di fiducia e di compassione?

Scandito in tre parti, “Le vittime”, “Gli imputati, “La corte”, V13 presenta un quadro dettagliato del luogo di dibattimento: il venerabile palazzo dell’ Île de la Cité, tra la Sainte Chapelle e il Quai d’Orfèvres, nel cui cortile è stato approntato un prefabbricato in multistrato bianco lungo 46m, largo15, privo di finestre e che possa contenere 600 persone.

Offre la cronaca fedele dei fatti e l’identificativo degli 11 terroristi sopravvissuti, accusati a vario titolo di complicità, nell’assoluto rispetto della deontologia giornalistica.

Ritrae le vittime che la sorte ha voluto preservare e i parenti delle persone decedute, riportandone la narrazione straziante con una delicatezza senza pari, la cui umanità contagia il lettore.

Carrère è impressionato dagli esempi di solidarietà e di coraggio: Bruno non si accontenta di proteggere Ẻdith , una perfetta sconosciuta, con l’imponente mole del suo corpo. La incita a scappare non appena si presenta l’occasione e siccome la donna non può muoversi, le dice tranquillo: Ok, resto con te. Clarisse sfonda con un’energia alla James Bond una controsoffittatura che accede a un nascondiglio e vi si precipita seguita da una cinquantina di persone. Tutti danno la precedenza ai più deboli e fanno loro scaletta con le braccia. Nessuno dice che non c’è abbastanza spazio. Il commissario della BAC, la brigata anti-crimine, decide autonomamente, in spregio della gerarchia, di non aspettare rinforzi, entra nel Bataclan insieme al suo autista impugnando una pistola, arma ridicola al confronto dei kalashnikov, e spara a un terrorista che esplode sul palcoscenico. Il suo gesto non è soltanto eroico, è anche efficace perché arresta la sparatoria. Georges Salines, in memoria di sua figlia Lola, ha scritto un bel libro d’amore e di lutto e, cosa ancora più straordinaria, ne ha scritto un secondo (Il nous reste les mots Robert Laffont, 2020) che è un dialogo con Azdyne Amimour, il padre di Samy Amimour fattosi esplodere sul palcoscenico del Bataclan.: “Perché”, dice Georges, “bisogna ascoltare anche il loro dolore”. La barbarie non si combatte con la barbarie ma con il rispetto scrupoloso delle leggi. “Giustizia riparativa” la chiama. Ed è l’esempio che Carrère invita a seguire.

Il valore su cui si fonda una civiltà non è né la legge del taglione né la vendetta. Cionondimeno, dobbiamo anche riconoscere il furore arcaico che è dentro di noi se vogliamo imparare a controllarlo. Non saremmo umani, altrimenti. Del mistero del male ci piace parlare e lo facciamo troppo e con troppo compiacimento. Ma, tra decidere di morire per uccidere e essere pronto a morire per salvare “qual è il mistero più grande?” domanda l’autore e non è che uno dei molteplici stimoli che con V13 offre al lettore, al quale raccomando vivamente la lettura del testo. Di sicuro ne sarà arricchito in umanità e anche in informazione perché, dice Emmanuel Carrère in Yoga: “Quando penso alla letteratura, al genere di letteratura che faccio, di una sola cosa sono fermamente convinto: è il luogo in cui non si mente

Doria Sannino

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